Sviluppo Umano e sistemi di contabilizzazione del benessere

Cosa significa benessere? Come si misura lo Sviluppo Umano delle nazioni e dei territori? Quali aspetti deve contemplare un’analisi quantitativa su questi concetti mutevoli e multiformi per definizione? 

Le riflessioni condotte, tra gli altri, da Amartya Sen e le sperimentazioni ONU sul tema dello Sviluppo Umano a partire dagli anni ’80, hanno contribuito a rafforzare la consapevolezza della natura multidimensionale del benessere, che integra necessariamente aspetti di qualità sociale, protezione-miglioramento ambientale, elementi culturali e di qualità della Governance, allo sviluppo economico, in una prospettiva non solo complessiva-nazionale ma che consideri in parte anche la dimensione individuale. 

Sul fronte operativo, è ampiamente condiviso che gli indicatori macroeconomici tradizionali, come tra gli altri il Prodotto Interno Lordo, risultano inadeguati ad assolvere ad un compito complesso di combinazione multidimensionale di diversi fattori, orientato ad indicare la generazione o la distruzione di benessere, in chiave di Sviluppo Sostenibile. È sempre più necessario, quindi, operare uno sforzo condiviso di integrazione-affiancamento dei parametri tradizionali a nuovi approcci, ambiti, parametri indicatori. 

Parallelamente allo sviluppo di nuovi percorsi di contabilizzazione alternativa del benessere dei livelli nazionali e regionali, anche organizzazioni territoriali come le imprese, le associazioni imprenditoriali e i livelli locali di governo hanno avviato sperimentazioni orientate ad ampliare la batteria di strumenti di misura e controllo di parametri alternativi rispetto alla redditività puramente economica di attività e investimenti.


Il contesto a livello internazionale e nazionale

L’approccio allo sviluppo condiviso a livello globale di strumenti di indagine quantitativa di benessere e Sviluppo Sostenibile nasce dalla consapevolezza che “il cosa si misura influenza il cosa si fa”, ovvero che l’oggetto degli sforzi di misura statistica può orientare positivamente gli spazi di azione e le scelte politiche dei livelli di governo nazionale e locale dei singoli paesi, come anche di imprese e organizzazioni private in generale. 

L’importanza globale di questo tema è testimoniata inoltre dal coinvolgimento e impegno diretto delle maggiori organizzazioni internazionali (Onu e Ocse tra gli altri) e tutti i principali enti ufficiali di ricerca statistica nazionali, tra i quali l’Istat, che peraltro si pone come una delle organizzazioni maggiormente attive sul panorama delle collaborazioni internazionali, prendendo parte ai più avanzati progetti di sviluppo di metriche globali.

Un primo sviluppo delle sperimentazioni su scala internazionale ha avvio con il Programma ONU per lo Sviluppo Umano (UNDP), nell’ambito del quale viene realizzato lo Human Development Index, un indice multidimensionale per la misura dello Sviluppo Umano che trova una applicazione annuale nello Human Development Report.
A questo si aggiunge l’approvazione degli 8 Obiettivi del Millennio (MDG) nel 2000, dal 2015 aggiornati in 17 Sustainable Development Goals, che prevedono gruppi di lavoro di delegati degli uffici statistici nazionali e internazionali deputati allo sviluppo di indicatori di misura affidabili per il monitoraggio degli avanzamenti sui temi-obiettivi.

Anche l’OCSE ha da tempo avviato un importante lavoro sul tema della misura dello sviluppo sociale, culminato con la sottoscrizione della Dichiarazione di Istanbul del 2007, sottoscritta da un numero molto ampio di soggetti istituzionali globali, tra i quali UE e ONU, che ha dato avvio al Global Project on Measuring the Progress of Societies, all’interno del quale l’ex Ministro Giannini ha ricoperto un ruolo di rilievo. Da questo sforzo progettuale, nasce nel 2011 il Better Life Index, un indice di misura del benessere su scala nazionale, composto da 11 dimensioni di tipo economico, sociale, ambientale, culturale e di percezione soggettiva. 

Su scala europea, a partire dalla conferenza “Beyond GDP e dalla conseguente Comunicazione della Commissione “Non solo PIL, pubblicata nel 2010, è stato avviato un processo di introduzione di indicatori informativi condivisi di monitoraggio del benessere / Sviluppo Umano all’interno del Sistema Statistico Europeo (ESS), ad integrazione del processo di formazione dei conti nazionali dei paesi membri. 

Su scala nazionale, sono diversi i paesi che hanno avviato processi di approfondimento e sviluppo di set di indicatori integrativi: tra questi spicca il caso francese, con il progetto-rapporto “Pil, benessere e politiche, realizzato dalla celebre Commissione Sen, Stglitz e Fitoussi, che individua 8 dimensioni principali, attraverso le quali spostare l’attenzione dalla produzione economica alla creazione di benessere per le persone. 

Da questo e da altri progetti trae spunto la principale iniziativa realizzata su scala nazionale, il Rapporto annuale Benessere Equo e Sostenibile in Italia (BES), giunto alla 2ª edizione 2015, che contempla declinazioni su scala provinciale (Bes delle Province) e urbana (UrBes). BES si articola in 12 domini di indicatori, co-definiti in un ampio processo di condivisione con i principali Stakeholders della società italiana. 


Dalla scala nazionale agli approcci territoriali e di impresa

Anche il mondo delle imprese svolge da tempo un ruolo attivo nello sviluppo di riflessioni e sperimentazioni relative alla rendicontazione in chiave di Sostenibilità / Responsabilità Sociale d’Impresa (CSR/RSI) delle performance  delle organizzazioni secondo una logica ESG (Environmental, Social and Governance) come leva per migliorare il profilo in ottica di trasparenza, Rating di Sostenibilità per gli investitori finanziari, qualità dell’informazione a disposizione del management e come base di dialogo con gli Stakeholders. 

In quest’ambito, spicca il progetto GRI (Global Reporting Initiative), come principale riferimento internazionale per la misurazione quantitativa e qualitativa degli impatti su ambiti economici, ambientali e sociali, per la realizzazione di Bilanci di Sostenibilità con criteri di qualità e set di indicatori standardizzati. Lo standard, recentemente aggiornato alla quarta versione (G4), indica in apposite Linee Guida, la procedura di rendicontazione e le modalità di utilizzo di oltre 100 indicatori su vari ambiti CSR, tra cui 16 indicatori su Benessere dei dipendenti e Qualità del Lavoro, 12 indicatori sul tema dei Diritti Umani e 11 indicatori su aspetti legati allo sviluppo-benessere del Territorio. 

Un altro progetto importante, sempre di respiro internazionale, è il Global Compact, una piattaforma-network di imprese su scala globale, che si articolano in gruppi nazionali, impegnate nel miglioramento rispetto a 10 principi di Sostenibilità. Il Global Compact ha nel tempo dimostrato una notevole tensione al posizionamento delle imprese come attore chiave per il perseguimento di obiettivi di Sostenibilità nelle principali iniziative globali (SDGs, COP, ecc.).  L’adesione al Global Compact prevede la rendicontazione periodica del miglioramento delle performance aziendali rispetto ai 10 punti. 

Sul fronte nazionale, sono stati realizzati diversi tentativi di declinare, a livello territoriale, set di indicatori di Sostenibilità, con scopi differenti: 

CSR Manager Network ad esempio, ha sviluppato con Istat il progetto “Oltre il Dato Finanziario”, volto a misurare il benessere collettivo generato dalle attività di un gruppo di imprese appartenenti alla rete, attraverso l’utilizzo standardizzato di un set di 10 indicatori, frutto di una armonizzazione tra parametri utilizzati da Istat e GRI. 

Analogamente, Impronta Etica, network di grandi imprese cooperative del territorio emiliano impegnate sui temi della Sostenibilità, ha realizzato una ricerca denominata “Impresa, Sostenibilità e Lavoro – creare benessere per il territorio”, che punta a misurare l’impatto positivo su scala territoriale delle attività di RSI realizzate dalle imprese. 

Un altro approccio, utilizzabile da imprese per misurare l’impatto di singole attività o investimenti dal punto di vista della redditività complessiva (non solo economica, ma anche ambientale e sociale), è quello dello SROI – Social Return On Investment – una metodologia che quantifica il valore extra-finanziario generato attribuendo una serie di valori-proxy ad attività che normalmente non vengono considerate nelle procedure tradizionali in quanto prive di valore di mercato.